Sicurezza alimentare: leggere l’etichetta, durabilità degli alimenti

Quattordicesima pubblicazione sul tema della Sicurezza Alimentare per informare i cittadini sulle malattie trasmesse dagli alimenti e sulle corrette modalità di conservazione e consumo dei cibi. Vediamo come leggere l’etichetta e individuare la durabilità degli alimenti.

La durabilità o shelf life di un alimento indica il tempo entro il quale lo stesso possa essere consumabile senza divenire un possibile pericolo alimentare per il consumatore, mantenendo anche le proprie caratteristiche organolettiche. Letteralmente “la vita a scaffale dello stesso”. In altre parole è il periodo di tempo che intercorre fra la produzione e il consumo dell'alimento senza che ci siano rischi per la salute del consumatore e questo tempo comprende la distribuzione, la conservazione e la vendita al dettaglio.

La shelf life o durabilità dell’alimento deve essere sempre presente nella etichetta del prodotto in quanto rientra fra le informazioni obbligatorie da fornire al consumatore così come previsto dal Regolamento UE 1169/2011.

L’indicazione della durabilità nella etichettatura dei prodotti alimentari è un obbligo, ma anche una responsabilità del produttore dell’alimento; è una indicazione non certo arbitraria e/o fantasiosa, ma scaturisce da una serie di fattori: in parte dalla tipologia dell’alimento, dalla sua composizione (per es. alimenti ricchi di acqua si conservano meno di quelli disidratatati) dai dati scientifici già pubblicati, e talvolta ricavata da test di tipo fisico e microbiologico (Challenge test) lo stesso produttore può effettuare, soprattutto nei casi di prodotti industriali.

Solo pochi alimenti hanno la data di scadenza o il TMC già stabilita dal Legislatore e fra questi ricordiamo:

  • Il latte fresco pastorizzato e latte fresco pastorizzato di alta qualità: scadenza 6 giorni
  • Il latte microfiltrato fresco pastorizzato: scadenza 10 giorni
  • Le uova: TMC 28 giorni

Per legge la durabilità di un alimento può essere perentorio e sulla etichetta troveremo la frase “da consumarsi entro il … (giorno, mese e anno)” ed è la data di scadenza oppure meno perentoria “da consumarsi preferibilmente entro il… (giorno, mese e anno)” e si parla di termine minimo di conservabilità (TMC).

Ma cosa significano questi due termini per il consumatore? Quali le differenze?

La data di scadenza si utilizza per i prodotti più deperibili, è un indicatore di sicurezza sanitaria dell’alimento. Viene riportata obbligatoriamente sugli imballaggi alimentari dei prodotti preconfezionati rapidamente deperibili (latte e prodotti lattieri freschi, formaggi freschi, pasta fresca, carni fresche, prodotti della pesca e dell’acquacoltura freschi).

La data di scadenza può comparire nel campo in cui sono presenti le altre indicazioni obbligatorie dell’etichetta oppure può essere indicata in altra parte della confezione (fondo della lattina per esempio), purché chiaramente visibile. Nei multipack la data di scadenza è indicata su ogni singola porzione.

Il prodotto alimentare c.d. scaduto non può essere venduto e neppure consumato oltre la data indicata in quanto quell’alimento rappresenta un pericolo per la salute del consumatore.

Nel caso di prodotti alimentari che potremmo definire più stabili nel tempo, cioè considerati non deperibili quali ad esempio pasta, legumi, conserve e tanti altri, si fa ricorso ad una indicazione diversa che è il termine minimo di conservazione (TMC).

Il TMC è un tempo obbligatorio di vendita, cioè il prodotto non può essere messo in vendita oltre tale data, ma non è un tempo obbligatorio per il consumatore che può consumarlo anche nei giorni seguenti. Questo poiché dopo la data riportata come TMC l’alimento non risulta essere immediatamente pericoloso dal punto di vista igienico-sanitario e non rappresenta un rischio per la salute, sebbene potrebbe subire progressivamente una diminuzione delle caratteristiche organolettiche: modificare il sapore (pesce surgelato per esempio) l’odore, l’aroma (caffè e olio d’oliva per esempio), la consistenza (per esempio biscotti meno friabili).

Il tempo in cui il consumatore può ancora consumare oltre la data riportata come TMC è variabile e dipendente dal tipo di prodotto, ma anche dalle modalità di conservazione.

Il consumo “casalingo” di un prodotto che ha superato il TMC deve avvenire in un lasso di tempo ragionevole, è condizionato dalle modalità di conservazione sia in fase di commercializzazione che nelle nostre case, dal mantenimento della catena del freddo per quei prodotti per i quali è richiesto (il frigo di casa non dovrebbe raggiungere  temperatura superiori a 4-6 °C) e va fatto solo dopo aver osservato attentamente che non siano intervenuti fenomeni alterativi quali presenza di cattivi odori, gas, muffe, variazioni del colore e  quant’altro.

Conoscere la differenza tra data di scadenza e tempo minimo di conservazione è di fondamentale importanza anche per l’ambiente e per ridurre lo spreco alimentare. Secondo un’indagine di Altro Consumo in Italia solo il 37% dei consumatori e delle consumatrici conosce davvero la differenza tra le due diciture: si stima che in Europa, a causa dell’errata interpretazione delle date di scadenza, vengano buttate 9 milioni di tonnellate di alimenti ancora commestibili ogni anno, pari 22 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, cioè  al 10% di tutto lo spreco alimentare generato dai Paesi dell’UE https://ilfattoalimentare.it/etichette-scadenza-dicitura-tmc.html

Sempre al fine di favorire la riduzione dello spreco alimentare, ma anche al fine di orientare il consumatore verso il consumo di alimenti “sicuri” la Commissione europea, a seguito di una consultazione pubblica durata dal dicembre 2021 al marzo 2022, ha rilevato che i consumatori capirebbero meglio l'indicazione della data se il modo di esprimere la data "da consumarsi preferibilmente entro" e "da consumare entro" sui prodotti fosse migliorato nella terminologia, formato e/o presentazione visiva e ha concluso che la dicitura in essere non risulta chiara e andrebbe ampliata, ha proposto un'etichetta che presenti sia la dicitura vigente “Da consumarsi preferibilmente entro il” , a cui si aggiungerebbe un’altra dicitura  “Spesso buono oltre…”, questo al fine di orientare il consumo oltre il TMC ( bozza del provvedimento).

Sarebbe probabilmente una dicitura simile a quella introdotta nel 2021 dalla app antispreco Too Good To Go  https://www.toogoodtogo.com/it/user cui continuano ad aderire numerose importanti aziende alimentari e che invita il consumatore a utilizzare alimenti oltre il tempo minimo di conservazione, solo dopo una attenta valutazione sensoriale che non evidenzi alterazioni del prodotto.                                    

L’indicazione della scadenza e del TMC non è richiesta per i prodotti normalmente consumati freschi come gli ortofrutticoli, i prodotti della panetteria e della pasticceria sfusi, per i vini, gli aceti, le bevande con alcol pari o superiore al 10% e per sale, zucchero, confetti e gomme da masticare perché sono alimenti che vengono consumati in breve tempo (generalmente nelle 24 ore) o hanno una lunga durabilità.

Anche per i prodotti “preincartati” cioè porzionati nel punto vendita su richiesta del consumatore a partire da pezzature più grandi o in libera vendita nei banchi frigo dello stesso punto vendita, non è obbligatorio indicare alcuna scadenza tranne che per le paste fresche con o senza ripieno.

Riuscire a prolungare la shelf life degli alimenti contribuisce a ridurre lo spreco di cibo sicuro pertanto le aziende e gli scienziati stanno lavorando in tal senso mettendo appunto metodiche e tecnologie innovative che si affiancano ai metodi tradizionali di conservazione quali la refrigerazione e il congelamento/surgelazione, la pastorizzazione, la sterilizzazione, la disidratazione, l’acidificazione, il sott’olio, il sottovuoto, l’aggiunta di additivi.

Oggi si interviene su packaging  combinando materiali innovativi con altre tecniche, come avviene  ad esempio nelle confezioni in atmosfera protettiva o modificata in cui l’aria all’interno dell’involucro viene sostituita da una miscela variabile di gas (ossigeno, CO2, azoto) .Un altro tipo di imballaggio di nuova generazione è lo “skin pack” in cui l’accoppiamento tra il sottovuoto e gli involucri (vassoio e pellicola protettiva), aderenti perfettamente all’alimento, consentono la conservazione di prodotti freschi per un periodo più lungo, mantenendo un aspetto ottimale e conservando le caratteristiche nutrizionali .

 

Di seguito alcuni link di approfondimento:

https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_215_allegato.pdf

https://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?area=sicurezzaAlimentare&id=1475&lingua=italiano&menu=sicurezza

https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2011:304:0018:0063:it:PDF

 

Articolo a cura della Dr.ssa Alberta Natola e Dr.ssa Alessandra Casieri della Unità Operativa Semplice Dipartimentale SICUREZZA ALIMENTARE ANTIBIOTICORESISTENZA

 

Per consultare altri articoli vedere la sezione Raccomandazioni di sicurezza alimentare 

 

Brindisi, 22 marzo 2023

 

Data di pubblicazione:

22/03/2023

Ultimo aggiornamento:

22/03/2023