Al Prof. Gianluigi Giannelli il riconoscimento “Paladini Italiani della Salute”.

In Campidoglio la consegna al direttore scientifico dell’IRCCS "Saverio de Bellis" per una scoperta legata all’efficacia della terapia per l’epatocarcinoma.

 

Una ricerca medico-scientifica, una importante scoperta legata alla terapia per il tumore al fegato, e ora un riconoscimento nazionale. E’ il percorso che ha portato il professor Gianluigi Giannelli, direttore scientifico dell’Irccs de Bellis di Castellana Grotte, a ritirare a Roma uno dei riconoscimenti Paladini Italiani della Salute per le migliori ricerche pubblicate nel quinquennio 2015-2020, iniziativa destinata a studi distintisi per prestigio e innovazione risultando fiori all'occhiello nel panorama della ricerca medico-scientifica. Il riconoscimento è stato conferito in Campidoglio dal presidente del Comitato scientifico Walter Ricciardi, componente del Comitato Esecutivo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.

 

La ricerca condotta al de Bellis da Giannelli e la sua equipe aggiunge nuove conoscenze alla personalizzazione della terapia per l’epatocarcinoma, evitando trattamenti inutili, ottimizzando i costi e migliorando il governo clinico della terapia.

 

L’epatocarcinoma è il più frequente tumore maligno del fegato. Rappresenta la quinta neoplasia più diffusa al mondo e la terza come causa di morte correlata al tumore. La prognosi e la sopravvivenza sono ad oggi insoddisfacenti, poiché solo una minoranza dei pazienti può usufruire delle terapie più efficaci: la chirurgia o il trapianto di fegato. Il Sorafenib è al momento l’unico farmaco approvato in prima linea nel trattamento dei pazienti in stadio avanzato di malattia non più avviabili al trattamento chirurgico. Il farmaco inibisce la proliferazione delle cellule tumorali e induce al tempo stesso la loro morte. Ma questo trattamento farmacologico risulta efficace nell’allungare la sopravvivenza solo in un terzo dei casi, perché molti pazienti sviluppano resistenza entro i primi sei mesi di terapia.

 

La ricerca ha dimostrato che una particolare proteina (Laminina-332) presente nel microambiente tumorale contrasta l’efficacia del Sorafenib, e la chiave di volta per aggirare il problema è la sua interazione con uno specifico recettore al quale la proteina si lega.

 

Rassegna stampa

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- Rubrica "Salute!" a cura del giornalista Maurizio Marangelli, clicca QUI

 

 

Data di pubblicazione:

03/11/2021

Ultimo aggiornamento:

25/11/2021