SMYD3 “guardiano del genoma” delle cellule tumorali.

Il meccanismo della “letalità sintetica” presenta grandi potenzialità terapeutiche in pazienti oncologici, in quanto sfrutta le differenze genetiche (mutazioni) fra cellule tumorali e cellule normali, colpendo solo quelle cancerose e risparmiando quelle sane. Questa strategia terapeutica viene attualmente utilizzata nella cura dei tumori dell’ovaio e del pancreas di pazienti che presentano mutazioni dei geni BRCA1/2 (come per il famoso caso di Angelina Jolie), importanti per il riparo del DNA. Utilizzando farmaci inibitori di PARP, un altro enzima coinvolto nella riparazione del DNA, si sfrutta la strategia della letalità sintetica per le sole cellule tumorali “difettose”, nelle quali i geni BRCA1/2 risultano mutati. Trattandosi però di mutazioni poco frequenti, la possibilità di applicazione di queste terapie sono ad oggi ridotte.

 

Il nuovo articolo pubblicato dai ricercatori dell’IRCCS “Saverio de Bellis” presenta un quadro completo del ruolo oncogenico di SMYD3, con un particolare focus sui tumori che interessano l’apparato gastrointestinale. Le evidenze scientifiche ottenute fino ad oggi sul ruolo di questa proteina confluiscono nella scoperta, recentemente pubblicata dagli stessi ricercatori dell’Ente, di SMYD3 come “guardiano del genoma” delle cellule tumorali, in grado di preservarne l’integrità mediante la regolazione del ciclo cellulare e della risposta a danni al DNA. In questo studio è stato valutato un approccio terapeutico che permetta di ampliare l’eleggibilità alla terapia con gli inibitori di PARP, sfruttando farmaci inibitori di SMYD3 in una terapia combinata. SMYD3 è una proteina altamente espressa in diversi tipi di tumore, in particolare in quelli gastrointestinali, per i quali risulta essere un potenziale fattore di rischio e di prognosi.

 

I ricercatori dell’IRCCS hanno dimostrato che SMYD3 è coinvolto nei meccanismi di riparo del DNA delle cellule tumorali, formando un complesso con i principali attori della risposta al danno (BRCA2, ATM, CHK2, RAD51). La sua inibizione comporta un deficit nella riparazione, ovvero un “difetto” paragonabile ad una mutazione delle proteine del complesso di riparo. Bloccare farmacologicamente la proteina SMYD3 permette quindi di sensibilizzare agli inibitori di PARP cellule tumorali prive di mutazioni a carico dei geni BRCA1/2 e che presentano alti livelli di SMYD3, estendendo l’eleggibilità al trattamento con gli inibitori di PARP ad un maggior numero di pazienti. Analizzando infatti i dati molecolari di circa 2000 pazienti i ricercatori hanno identificato una discreta percentuale di casi con tumori gastrointestinali (intorno all’11% sia per tumori del colon che per quelli del pancreas) che, presentando alti livelli di SMYD3 (quindi possono essere sensibili alla sua inibizione farmacologica) e non avendo deficit del riparo del DNA (quindi non sarebbero candidabili in partenza agli inibitori di PARP da soli), rappresentano il target terapeutico di questa nuova terapia combinata (inibitori di SMYD3 insieme agli inibitori di PARP).

Ecco il link all’articolo https://www.mdpi.com/2072-6694/13/17/4427

Data di pubblicazione:

16/09/2021

Ultimo aggiornamento:

16/09/2021