Assicurare la terapia genica per le malattie rare, una riflessione su Nature medicine
La terapia genica ha dimostrato di essere un trattamento efficace per diverse malattie genetiche rare, recente dimostrazione si è avuta anche in Puglia con la somministrazione in una neonata per Atrofia muscolare spinale (SMA). Eppure alcune aziende in questo settore si stanno ritirando dal mercato.
Tra i principali motivi vi sono i costi elevati e una presunta mancanza di redditività commerciale. Spesso però questa è in realtà dovuta a ritmi di distribuzione sul mercato così lenti che le aziende ritengono opportuno ritirarli e persone in condizioni molto gravi si trovano abbandonate dal sistema sanitario.
È necessario invece continuare a investire in questo campo per sviluppare terapie geniche che sono salvavita per molte persone e che riducono in effetti i costi sanitari complessivi: sebbene la somministrazione sia costosa, questa è unica e dunque risulta più vantaggiosa rispetto al trattamento continuo dei sintomi per tutta la vita del paziente. Della necessità di cambiare approccio nell’analisi dei costi-benefici, si è parlato anche durante il Congresso internazionale delle malattie rare tenutosi a Bari il 24 e 25 giugno 2022.
È facile farlo? No, ci sono limiti oggettivi al contenimento dei costi di queste terapie per via della complessità dello sviluppo e dei processi di produzione. Ma è possibile? Sì, se si decide di snellire le normative in ambito europeo e statunitense in modo da consentire la distribuzione transfrontaliera e il rimborso delle cure, investire in tecnologie innovative che consentano la riduzione dei costi, stringere accordi pubblico-privato per garantire l’accesso alle cure, somministrare terapie geniche per malattie ultra rare nell'ambito di programmi senza scopo di lucro sostenuti da fondi pubblici nazionali o sovranazionali, riducendo così i costi di produzione senza incidere sulla sicurezza.
Il mondo accademico ha giocato finora un ruolo chiave nello sviluppo della terapia genica e nell’editing genetico, con consistenti finanziamenti arrivati da enti pubblici e da organizzazioni no profit. Ora, l’interruzione di questi programmi rischia non solo di negare farmaci salvavita ai pazienti ma anche di annientare preziose conoscenze sviluppate con il denaro dei contribuenti e le donazioni individuali.
È il momento di dare priorità ai pazienti e all’accessibilità delle cure o rischiamo un futuro dove i trattamenti sono disponibili per pochi, più avvantaggiati Paesi anziché per tutte le persone che ne hanno realmente bisogno.
Approfondisci leggendo l'articolo scientifico in lingua inglese, presente in allegato
Data di pubblicazione:
30/09/2022
Ultimo aggiornamento:
30/09/2022
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