L’associazionismo e il valore esperienziale

Intervista a Renza Barbon Galluppi, presidente onorario di Uniamo FIMR Onlus, vincitrice del Premio Eurordis 2016 per l’eccellenza nelle malattie rare

Le malattie rare vengono considerate un “problema di sanità pubblica” per la prima volta nel piano sanitario 1998/2000 dove viene esplicitato che la “peculiarità delle malattie rare risiede nel fatto che esse richiedono un’assistenza specialistica e continuativa di dimensioni tali da non poter essere sopportata senza un importante intervento pubblico”.

Sono gli stessi anni in cui le persone con malattie rare e i loro familiari si riuniscono in associazionismo federativo sia a livello europeo (costituzione dell’organizzazione Eurordis) sia a livello nazionale (costituzione della Federazione Italiana Malattie Rare Uniamo F.I.M.R.), operando per obiettivi strategici sia di promozione della ricerca scientifica sia di sviluppo di “azioni di sistema” di miglioramento della qualità della vita, per un’assistenza vicina al luogo di vita specialistica e continuativa, rispondente a bisogni diversi e complessi.

Dopo 10 anni, nel 2008 a livello europeo, su spinta anche di Eurordis, l’interesse sulle malattie rare era talmente alto che si è svolta la Consultazione Pubblica europea sulle Malattie Rare a cui ha fatto seguito la Comunicazione europea sulle Malattie Rare divenuta poi nel 2009 la base delle Raccomandazioni europee sulle malattie rare.

Una delle sette Raccomandazioni è di implementare in ciascuno Stato membro un Piano nazionale sulle malattie rare; e per aiutare i paesi dell’Unione europea a far questo, la Commissione europea ha finanziato il progetto Europlan (2009/2011 e 2012/2015) a cui ha partecipato Eurordis, con la rappresentanza italiana di Uniamo F.I.M.R e i rappresentanti istituzionali nazionali e regionali per le malattie rare dei diversi Stati europei.

Come portatori di interesse, si è partiti dallo “studiare attentamente” quanto riportato nelle Raccomandazioni europee, e a seguire il Piano nazionale malattie rare, ma anche ai successivi documenti di sanità pubblica, senza escludere il Decreto ministeriale 279 del 2001 , l’Accordo StatoRegioni del 10 maggio 2007 e successivi, dove in tutti è presente l’importanza della collaborazione alle attività formative degli operatori sanitari e del volontariato, dell’informazione ai cittadini e alle associazioni di utenza rispetto anche all’organizzazione della cura e della presa in carico.

È grazie all’interpretazione di dette funzioni che in Puglia la dott.ssa Giuseppina Annicchiarico ha maturato la consapevolezza che era giunto il momento di istituire il Coordinamento Malattie Rare pugliese CoReMaR, includendo tra i suoi componenti la rappresentanza delle associazioni di utenza, UNIAMO FIMR, dando rilevanza al valore esperienziale dei pazienti. Un Valore indispensabile per costruire quella rete rispondente ai bisogni peculiari dei pazienti con malattie rare, enunciato in un’altra Raccomandazione europea: “responsabilizzazione delle organizzazioni dei pazienti”, rafforzamento delle capacità e formazione, costituzione di reti e coinvolgimento dei pazienti molto isolati.

Per dare piena attuazione al Piano nazionale, il CoReMaR ha elaborato il Piano programmatico malattie rare per il triennio 2013‐2016, rinnovandolo poi per gli anni futuri, fissando le priorità delle azioni regionali in tema di malattie rare; un Piano programmatico integrato da un glossario con definizioni condivise con le associazioni di utenza.

Associazioni di malattie rare pugliesi che nel maggio 2015, grazie al continuo supporto di ascolto ed indirizzo dato dal CoReMaR, hanno deciso di avviare il percorso di responsabilità sociale sottoscrivendo un “accordo di Rete” con annesso un regolamento. Un regolamento ufficializzato il 3 dicembre 2015, ad espressione della maggiore consapevolezza del proprio ruolo di rappresentanza: la costituzione di A.M.A.RE Rete associazioni malattie rare Puglia.

Ad oggi ai molti addetti ai lavori è sottovalutata e/o non conosciuta la storia di questi vent’anni, caratterizzata da quello stimolo associazionistico continuo e determinato delle malattie rare. Pochi gli operatori che la conoscono, ancora poche le azioni di empowerment messe a regime per affrontare la complessità del bisogno della persona con malattia rara. Un bisogno dove la peculiare assistenza specifica delle persone si interseca con la ricerca scientifica e con la responsabilità sociale.

Ma tutto è scritto e tutto è ancora valido.

È arrivato il tempo, grazie alla pandemia Covid-19, di procedere all’attuazione di quanto già scritto e deliberato, perché la complessità assistenziale delle malattie rare e la loro peculiarità sono la sfida dell’organizzazione di congiungimento ospedale/territorio in ambito sanitario e socio sanitario che, se efficiente per i malati rari, lo è ancor di più per le persone affette da malattie croniche e/o anziane e/o con disabilità.

Le malattie rare, come enunciato nel piano sanitario 1998/2000, sono un “problema di sanità pubblica”, richiedono un’assistenza specialistica e continuativa di dimensioni tali da non poter essere sopportata senza un importante intervento pubblico, con l’aggiunta, a detta di A.M.A.RE, di quel valore esperienziale specifico delle persone con malattia rara e loro familiari.

Data di pubblicazione:

23/02/2021

Ultimo aggiornamento:

29/11/2021