Assistenza territoriale per le malattie rare: abbiamo le norme e non le risorse

di Giuseppina Annicchiarico, pediatra e coordinatrice del CoReMaR

Tra le riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) vi è il modello organizzativo dell’assistenza territoriale: nuove strutture, telemedicina, approccio integrato. Si parla anzi di logica One Health, modello per cui la salute delle persone è strettamente connessa a quella dei loro animali e del loro ambiente. Visione corretta ma, in Puglia, a che punto siamo con l’assistenza territoriale? La normativa messa in piedi come si traduce nella quotidianità delle famiglie?

 

Come coordinatrice della Rete pugliese delle malattie rare, mi preme sempre fare un confronto tra la norma scritta e quella attuata, pungolare le Istituzioni affinché quanto previsto non abbia ostacoli nel concreto. 

Come pediatra, l’assistenza territoriale è un tema che mi sta particolarmente a cuore perché di molte famiglie con malattia rara in Puglia ho seguito da vicino il peregrinare alla ricerca di una diagnosi o di cure adeguate. Come pediatra, ricordo perfettamente l’odore di tutte le case.

In una di queste, per esempio, c’è la mamma di Annalourdes, bimba con Wars2, che ogni giorno prepara la nutrizione parenterale e per un periodo ha cambiato persino l’ago di Huber, procedura delicatissima che necessita le competenze infermieristiche. Come lei, tanti genitori si trasformano quotidianamente in infermieri, medici, operatori socio-sanitari svolgendo attività gravose. E devo dirlo, molto spesso sono le madri a occuparsene, se non - in alcuni casi - madri sole.

Eppure la Regione Puglia è spesso apripista in tema malattie rare: lo è stata rendendo obbligatorio lo screening neonatale allargato, lo è stata deliberando nel 2017 l’attivazione dei Centri Territoriali per le Malattie Rare, e più di recente nel 2020, con l’istituzione dei Nuclei di Assistenza Territoriale (NAT). Qual è l’attuale configurazione di questo modello?

I Centri Territoriali per le Malattie Rare (CTMR) sono uno per ogni ASL, guidati da un medico esperto dei bisogni trasversali dei pazienti con malattie rare (sia bambini che adulti) e competente nelle organizzazioni a rete per queste patologie, a livello nazionale e regionale. I CTMR riescono a catalizzare le cure nei territori, facendo network tra i Distretti Socio Sanitari (DSS) che, insieme al pediatra e al medico di famiglia, hanno un ruolo importante nell’organizzazione dell’assistenza domiciliare.

Questo modello, assieme ai dati provenienti dal registro regionale malattie rare (SIMaRRP), ha consentito al Coordinamento Regionale Malattie Rare (CoReMaR) di dialogare con le ASL e censire i bisogni così diversi da malattia a malattia e persino da paziente a paziente. Oggi sappiamo che sono circa 27mila i pugliesi con patologia rara e che le malattie presenti sono circa 2mila di cui la metà ad alta complessità. Circa 200 sono bambine e bambini, che hanno bisogno anche di cure palliative pediatriche. 

I NAT sono gruppi di professionisti (medico, pediatra, fisiatra, infermiere, OSS, ecc.) di rinforzo ai CTMR. Ricevono dai Centri di riferimento specifica formazione e a cascata provvedono alla formazione del personale sul territorio e a domicilio, portando la qualità e la personalizzazione delle cure nei Distretti Socio Sanitari. L’emergenza da Covid-19 ha impedito la partenza dei Nuclei di Assistenza Territoriale ma ci è venuto in soccorso il Decreto Ministeriale 71 che declina l’organizzazione della sanità territoriale in Hub e Spoke. Il CTMR, col proprio NAT, non è altro che l’Hub delle persone con malattia rara. 

D’altra parte, il Covid ci ha insegnato che è possibile assistere con la telemedicina. La Regione ha affidato all’Agenzia Regionale strategica per la Salute e il Sociale (AReSS) lo studio e la realizzazione della teleassistenza, compresa quella per i malati rari, tenendo sempre conto la necessità di fare sistema, di comunicare tra i vari operatori. 

Cosa manca, allora? Perché le famiglie sono in affanno e ci chiedono aiuto? 

Manco risorse, risorse competenti. Un grave problema che ci affligge da tempo è la carenza di organico. Va bene istituire nuove strutture ma è sempre più urgente la necessità di dare alle Regioni gli strumenti per riempirle di personale. Infermieri, OSS, logopedisti, disfagisti, fisioterapisti sono, assieme ai medici, figure essenziali per le cure dei malati rari. Ed è fondamentale che questi siano adeguatamente formati. L’attuale Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), infatti, è pensata per il malato cronico. Le esigenze delle persone con malattia rara sono differenti, e richiedono formazione specifica e continua, incentrata sulla medicina di iniziativa e in relazione con il Centro di riferimento. Affinché le cure siano multidisciplinari, integrate e, sopra ogni cosa, personalizzate.

Data di pubblicazione:

18/11/2022

Ultimo aggiornamento:

24/11/2022