Sicurezza alimentare: gli alimenti cotti

Pubblicazione sul tema della Sicurezza Alimentare per informare i cittadini sulle malattie trasmesse dagli alimenti e sulle corrette modalità di conservazione e consumo dei cibi. Parliamo degli alimenti cotti.

Gli alimenti cotti sono sempre sicuri?

Se gli alimenti crudi presentano un elevato rischio microbiologico per possibile presenza di germi o delle loro tossine (vedi articoli della nostra rubrica su molluschi bivalvi, botulismo, pesce crudo, listeria, ecc.) anche la cottura, se non correttamente eseguita, può presentare dei rischi, generalmente chimici, peraltro spesso non percepibili, ma comunque insidiosi per la salute.

La cottura è un procedimento fisico che apporta negli alimenti delle modifiche organolettiche e nutrizionali sostanziali: oltre ad una variazione del peso, può determinare l’intensificazione o l’imbrunimento del colore, l’esaltazione dell’aroma e dell’appetibilità; determina aumento della tenerezza e una maggiore digeribilità per inattivazione degli inibitori degli enzimi proteasi e amilasi, inattiva alcune sostanze tossiche come  l’avidina (anti vitamina H) delle uova e le lectine nei legumi; aumenta la conservabilità degli alimenti per distruzione dei microrganismi alteranti e dei patogeni a vantaggio della sicurezza alimentare; rende edibili alcuni alimenti che altrimenti non sarebbe stato possibile consumare: cereali, legumi, alcuni tuberi come le patate e alcuni ortaggi.

Accanto a questi vantaggi però, alcuni tipi di cottura possono presentare dei rischi per liberazione di sostanze tossiche o indesiderate.

Consideriamo le cotture a elevata temperatura che utilizzano temperature superiori a 180-200°C: sono la frittura, la cottura al forno e alla griglia. Se da una parte queste tecniche determinano una sigillatura sulla superficie dell’alimento che trattiene all’interno liquidi, sali minerali, conservando i principi nutritivi e esaltando il gusto, d’altra parte queste temperature possono essere alla base della produzione di composti tossici per il contatto con la fiamma e/o per la produzione di fumi.

Fra le sostanze che si formano nella cottura ad alte temperature, vi è l’acrilammide.

L’acrilamide si forma in alimenti ricchi di farine e amido (pane, patate) in presenza dell’amminoacido asparagina, con procedimenti di cottura lunghi e a temperature che superano i 120°C, come la frittura, la cottura al forno e alla griglia sia effettuate a livello domestico che nei processi industriali. Si genera spontaneamente grazie ad una reazione chimica nota come “reazione chimica di Maillard”, che conferisce il tipico colore bruno o abbrustolito e forma la classica crosticina croccante e scura sugli alimenti cotti, con un gusto caratteristico molto apprezzato. Si sviluppa nelle patate fritte o arrostite, nei prodotti da forno (pane, biscotti, crackers), nei cereali tostati (corn flakes) e nel caffè tostato conseguentemente alla tostatura.

Risultano molto esposte ad assumere acrilamide le fasce di popolazione dei giovani per il tipo abitudini alimentari (paninoteche, fast food, pizzerie) e i bambini in relazione alla minore massa corporea.

Secondo quanto riportato dalla IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) e dall’EFSA (Agenzia Europea per la Sicurezza alimentare) che ha pubblicato un parere sulla valutazione del rischio collegato all’acrilamide, la stessa sostanza una volta ingerita viene assorbita dal tratto gastrointestinale e metabolizzata dall’organismo, trasformandosi in parte in glicidammide, metabolita genotossico e cancerogeno.

Cosa si può fare? Scegliere per l’alimentazione abituale metodi di cottura con minore rischio, la lessatura, la cottura in umido o al vapore, eliminare abitualmente le parti bruciate o carbonizzate.  

Altri composti che si possono formare durante la cottura sono i c.d. “prodotti finali di glicazione avanzata (AGE)”. Si formano attraverso un processo detto “glicazione” durante la preparazione dei cibi, dalla reazione tra zuccheri e taluni amminoacidi e lipidi nelle cotture ad alte temperature (superiori a 120 °C) o protratte e si sommano a quelle prodotte dal normale metabolismo (dette endogene) .

N.B. La glicazione può anche contribuire alla formazione di acrilammide.

Si trovano per esempio sulle superfici dorate o abbrustolite di cibi fritti o grigliati, oppure sul pane tostato. Oltre al colore, gli AGE conferiscono agli alimenti cotti anche sapore e aroma, tipici quelli dei prodotti da forno, dei derivati del latte, della carne e del pesce tanto che negli ultimi 50 anni, l'industria alimentare ha iniziato a utilizzare i prodotti di glicazione avanzata come additivi alimentari esaltatori di sapidità e coloranti.

Si tratta di composti che, accumulandosi nell’organismo con l’avanzare dell’età, sembra contribuiscano al degrado delle funzioni dei vari organi e favoriscano l’insorgenza di patologie come la cataratta, il diabete, l’insufficienza renale e cardiaca, l’ictus e l’Alzheimer.

Anche in questo caso sono da preferire i metodi di cottura in umido, al vapore e la bollitura

Durante le cotture prolungate di alimenti proteici, soprattutto a base di carne di manzo, di pollo, ovina e di pesce a temperature intorno ai 200°C, come avviene nelle grigliate, si formano le c.d. ammine eterocicliche, anch’esse sono chiamate in causa nello sviluppo di cancro dello stomaco, del colon e della prostata a partire dalla creatina.

Nelle cotture alla brace della carne o del pesce inoltre il grasso contenuto negli alimenti, a diretto contatto con il fuoco, brucia liberando fumi che investono l’alimento stesso. Tra le sostanze volatili liberate troviamo gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), in particolare il benzo(a)pirene. Gli IPA si riscontrano anche negli alimenti affumicati ed essiccati per combustione del legno e in quelli prodotti in vicinanza di industrie che emettono fumi nell’ambiente. Sono sostanze ad attività cancerogena e mutagena, in particolare possono provocare tumori cutanei e polmonari. Nel caso di utilizzo di queste cotture è bene evitare il contatto diretto degli alimenti con le fiamme, che vanno distanziate di circa 20 centimetri, utilizzare oli con elevato punto di fumo e acquistare alimenti da grigliare contenenti poco grasso.

Se durante le cotture si provoca un eccessivo riscaldamento dell’olio fino alla produzione di fumo si genera un ulteriore prodotto: l’acroleina; è una sostanza che nell’immediato è fortemente irritante per gli occhi e le vie respiratorie mentre con l’uso prolungato risulta essere epato-tossica. E’ importante quindi utilizzare temperature più basse del punto di fumo e cambiare l’olio dopo ogni frittura.

Di seguito riportiamo le temperature massime oltre le quali i più comuni oli usati in cucina rilasciano sostanze volatili sotto forma di fumo (il cosiddetto punto di fumo):

  • olio di arachide, punto di fumo = 230°C
  • olio di girasole, punto di fumo = 210°C – 245°C
  • olio di mais, punto di fumo = 230°C
  • olio di oliva, punto di fumo = 245°C

 

Negli ultimi anni si è diffuso un metodo di cottura, il sous vide o sottovuoto, che si ottiene sigillando l’alimento in sacchetti termosaldabili sottovuoto o in contenitori di vetro chiusi ermeticamente immersi poi in acqua calda e lasciati cuocere per un tempo piuttosto lungo a temperature tra i 60 e gli 85°C mantenute costanti con un termostato. In questo modo si possono preservare i nutrienti termolabili che non vengono degradati e si impedisce la formazione di composti tossici, ma poiché tali temperature non uccidono tutti i germi presenti, bisogna prestare particolare attenzione alla sicurezza alimentare nei confronti di batteri patogeni, soprattutto Clostridium botulinum, Clostridium perfringens e Bacillus cereus, responsabili di MTA anche molto gravi. Con questo tipo di cottura pertanto è necessario utilizzare materie prime di qualità, applicare buone pratiche di igiene nelle preparazioni e combinazioni temperature-tempo adeguate. Gli alimenti cotti devono poi essere consumati in breve tempo o raffreddati rapidamente.

La gravità dei rischi connessi ai vari metodi di cottura dipende da vari fattori:

  • sostanze dannose ingerite
  • tipo di alimento e frequenza di consumo
  • metabolismo individuale, età, peso corporeo 
  • stile di vita

In considerazione del potenziale rischio a cui alcune cotture possono esporre, l’IZSVe suggerisce di:

  • evitare di cuocere i cibi a contatto diretto e prolungato con la fiamma
  • rispettare i tempi e le temperature indicate in etichetta per “dorare” senza bruciare
  • utilizzare i termometri da cucina per tenere le temperature sotto controllo
  • non utilizzare olio già usato soprattutto nelle fritture
  • rimuovere parti di alimento bruciate o carbonizzate
  • utilizzare oli con alto punto di fumo e non raggiungere temperature in cui l’olio fuma

 

Link utili per approfondimenti

www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_262_allegato.pdf

https://www.izsvenezie.it/rischi-nascosti-cottura-video/

 

Articolo a cura della Dr.ssa Alberta Natola e Dr.ssa Alessandra Casieri della Unità Operativa Semplice Dipartimentale SICUREZZA ALIMENTARE ANTIBIOTICO RESISTENZA

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Brindisi, 11 ottobre 2023

Data di pubblicazione:

11/10/2023

Ultimo aggiornamento:

11/10/2023